© Altre voci, altri padroni |
Il pubblico dell'auditorium Di Vittorio è stato attento e partecipe, con qualche spiacevole eccezione.
© Altri eroi, altri ostacoli |
Nella fila davanti alla mia siedono diverse persone. Tra di esse spicca per inamovibilità un lumbard d.o.c. con abito scuro in tweed e sciarpa a quadri modello "Cesare Zavattini 1956" che ascolta con attenzione e osserva con sguardo pietrificato. Io intanto comincio a non poterne più della scomoda poltronaccia e, per lenire i dolori alla schiena e scongiurare (o accellerare?) un principio di scoliosi dorso-lombare, accavallo le gambe. Sfioro la poltrona del lumbard sopra citato che tosto si gira verso di me ed esclama ad alta voce: "La smetta con tutti questi colpi!". Esagerato. Ma quali colpi? Comunque sì, va bene, ho capito, sto fermo. Mi chiedo: costui non ha protestato per la signora con il cellulare e neppure per la caramella scartata. Io gli sfioro lo schienale e lui si inalbera. Vai a capire.
Poco prima del bis, il vecchio tweed lascia la sua postazione e raggiunge - indovinate un po'? - l'ingurgitatore di caramelle che, nel frattempo, ha estratto dalla fondina altre due sfiziosette incartate. La band ricomincia a suonare, il tweed commenta ironicamente ad alta voce, il suo amicone ridacchia mentre palpa avidamente entrambe le caramelle, il rumore cresce e, a quel punto, cedo all'impulso e intimo un: "Silenzio!". Al che "i due spavaldi" diventano "i due interdetti". Il tweed resta con decine di sapide parole - pronte a partire - bloccate tra i denti. Il Galactus delle caramelle si ferma con una "Rossana" nella mano destra e una "Monk Iceberg" nella mano sinistra. Qualche testa nella sala si gira di qua e di là. I rumori molesti cessano. Il concerto di Christian Wallumrød Sextet arriva a conclusione senza ulteriori disturbi inopportuni. Applausi.
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