Ieri sera stavo rientrando a Milano, in auto, ascoltando la diretta di Radio Popolare in cui il Presidente del consiglio spiegava i contenuti del drammatico "decreto salva-Italia".
Un senso di vuoto mi ha assalito e ho pensato di mangiare qualcosa.
Mi sono fermato nel parcheggio di un fast-food dell'hinterland e sono entrato per ordinare un hamburger "basic". Ero in coda e, ad un certo punto, è arrivato un piccolo branco di giovani ambosessi. Il capobranco è passato davanti a tutti (c'era una fila, c'ero anche io in fila) e ha ordinato. I suoi amici lo hanno seguito. Tutti in cassa, alla faccia di chi era in fila.
Mi è passata la fame e me ne sono andato.
Lo stomaco vuoto ha stimolato il mio istinto poetico.
Questa mattina, mentre viaggiavo in bicicletta verso la mia trasmissione del mattino sulle frequenze di Radio Pop, alcuni versi hanno preso forma nella mia mente.
Li ho scritti e poco dopo li ho letti in trasmissione.
Li riporto diseguito.
Buona giornata.
Poesie all'alba
Poesia n.1
“Giovane uomo affamato che non fai la fila”
Giovane uomo affamato,
tu, hai scelto di mangiare, come me, come tutti.
Vuoi placare l'appetito che ti assale all'imbrunire,
quando l'ora si fa tarda e calano le prime ombre sulla città
e soprattutto sulle propaggini delle città.
Giovane uomo affamato,
tu, hai le idee chiare e sai cosa vuoi:
vuoi addentare quel panino, vuoi sorseggiare quella bibita,
vuoi pagare poco,
vuoi pagare meno.
E con i tuoi amici
(uguali a te: stesso taglio ultracorto di capelli, stesso giubbotto ultralucido e senza maniche,
stesso cavallo dei pantaloni
che scende verso il suolo,
che scivola verso il centro della Terra),
con i tuoi amici e con le tue amiche – dicevo – sei alla guida di questo gruppetto,
ti porti avanti e incurante della fila in attesa sorpassi tutti,
sorpassi pure me,
e alla giovane amica tua che ti fa notare la coda dici virile:
“E chi l'ha detto che devo stare in fila?”.
Conquisti la cassa e là fai l'ordine.
Ecco il tuo potere: fai il primo anche se sei l'ultimo arrivato.
Ti guardo mentre ti sistemi al bancone, sprezzante,
e ti immagino a capo di un branco di lemmings che si buttano nel baratro dopo di te.
Giovane uomo affamato,
io ti ringrazio
perché con il tuo gesto, volgare e arrogante, mi permetti di osservare
ciò che non vorrei essere e che mi auguro di non diventare mai:
un impositore.
Ti guardo e rifletto, mi prendo il tempo che tu involontariamente mi hai regalato
sorpassandomi scorrettamente.
E scelgo di non mangiare lì dove mangi tu con i tuoi lemmings.
Giovane uomo affamato,
ti auguro di capeggiare qualcosa di utile e necessario, in futuro,
ti auguro di avere una vera meta domani,
di capire se e qual è la tua “rivoluzione”,
di superare dei veri ostacoli, mica la gente che sta in fila.
In fondo tu imponi un'attesa, un piccolo sacrificio – e non sei l'unico a chiederlo –
ma ti lascio lì,
con il silenzio anonimo di un panino senza colore
che in un attimo sparirà nel tuo stomaco buio.