© David Lynch |
L'imminente anniversario mi fornisce l'occasione per dedicare, a partire da oggi, alcuni post ai pensieri del regista. Si tratterà di riflessioni estratte da "In acque profonde - Meditazione e creatività" (Oscar Mondadori © 2008 - 8,80 €).
Nel capitolo "La paura" Lynch scrive: "Sento storie di registi che sbraitano contro gli attori o che magari usano l'inganno per strappare loro una buona rappresentazione. Alcuni invece cercano di tirare avanti tutta la baracca facendo leva sulla paura. Secondo me è una buffonata: è un comportamento patetico e stupido allo stesso tempo. Quando le persone hanno paura non vogliono andare al lavoro. Troppi individui ai giorni nostri provano questo sentimento. La paura comincia quindi a trasformarsi in odio ed ecco che iniziano a detestare il solo fatto di andare al lavoro. (...) Se dirigessi il set servendomi della paura, otterrei l'un per cento - e non il cento per cento - di ciò che ottengo normalmente. E non sarebbe affatto divertente percorrere la strada insieme. Dovrebbe esserlo, invece. Nel lavoro, come nella vita, dovremmo andare tutti d'accordo. (...) Se una casa cinematografica, invece di infondere paura, offrisse a tutti gli addetti al lavoro un modo per immergersi in se stessi (per iniziare ad ampliare l'energia e l'intelligenza), questi farebbero gli straordinari gratis. Sarebbero molto più creativi. La casa cinematografica farebbe un gran balzo in avanti. E' così che potrebbero andare le cose. Non vanno così, ma sarebbe facilissimo cambiarle".
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