03 Gen 2011 - Scrivere fuori casa

© A man uense
Spesso il concetto di 'opera d'arte' viene associato all'ispirazione. Affinché l'ispirazione arrivi, o meglio attecchisca, è necessario essere addestrati, ovvero: essere pronti a cogliere. Per quanto riguarda lo scrivere, essere pronti significa - a mio avviso, certo - scrivere tutti i giorni al fine di aprire la mente e poter recepire segnali o spunti da trasformare o aggregare in idee. Per questa ragione chi scrive deve sempre avere con sé una superficie (cartacea o hi-tech, va bene tutto: un obsoleto ma inimitabile blocnotes o un pratico portatile o un affascinante e irresistibile tablet - qualcuno usa il registratore ma non è la stessa cosa) su cui riversare pensieri, idee, scemenze, scarabocchi, schemi, segni. Nei giorni appena trascorsi molte persone hanno lasciato le loro case per raggiungere amici e/o parenti e trascorrere ore liete, ricordando i 'good old days' e/o mangiando copiosamente. A qualcono è capitato di volere o dovere scrivere fuori casa. Scrivere fuori casa è importante e formativo, ma può essere molto faticoso. Lo scrittore Don  DeLillo (citato da Francesco Piccolo nel suo divertente saggio "Scrivere è un tic - I metodi degli scrittori", minimum fax, 1994/2006, 7 €) dice: "Quando sono lontano da casa mi porto la macchina per scrivere ma ci vogliono giorni per abituarmi al nuovo ambiente. E' uno shock non avere il proprio tavolo, le proprie pareti, certe immagini, le fotografie, gli oggetti, i libri. E' come essere persi nello spazio e ci vuole un'eternità ad assestarsi. C'è, nello scrivere, un profondo, radicatissimo senso dell'abitudine e delle proprie minuscole idiosincrasie, che ci si porta dietro comunque e che è diverso per ogni scrittore".

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